Dipendenza da Social: lo scrolling continuo crea noia e ricerca di stimoli forti, come le droghe

Pubblicato il 26 luglio 2025 alle ore 10:50

In un’epoca in cui siamo costantemente connessi, inondati da contenuti digitali, video brevi, notifiche e aggiornamenti continui, potremmo pensare che la noia sia un’emozione in via d’estinzione. E invece, paradossalmente, non solo è ancora presente, ma secondo numerosi studi sembra essere in crescita, soprattutto tra le nuove generazioni. La psicologia cognitiva sta iniziando a indagare seriamente questo fenomeno, considerandolo una delle possibili conseguenze più subdole della digitalizzazione della nostra vita quotidiana.

Due ricerche condotte in contesti culturali e geografici molto diversi – gli Stati Uniti e la Cina – forniscono dati convergenti.

La prima, condotta da Megan A. Weybright, John Schulenberg e Linda L. Caldwell su un campione di oltre 100.000 studenti delle scuole superiori statunitensi tra il 2008 e il 2017, mostra un costante aumento della noia percepita in parallelo con la diffusione dei media digitali. La seconda, una metanalisi pubblicata nel 2023 su "Personality and Individual Differences", analizza 64 studi realizzati tra il 2009 e il 2020 su studenti universitari cinesi. Anche qui, i ricercatori riscontrano un incremento significativo della predisposizione alla noia, definita come boredom proneness. Entrambi gli studi suggeriscono, pur con approcci osservazionali, che l’uso intensivo dei media digitali sia correlato a una maggiore tendenza a sentirsi annoiati, anche in ambienti ricchi di stimoli.

A offrire una spiegazione più profonda del fenomeno sono i ricercatori Katy Tam e Michael Inzlicht, dell’Università di Toronto, che hanno pubblicato nel giugno 2024 uno studio sulla rivista Communications Psychology (gruppo Nature). Attraverso sette esperimenti condotti su oltre 1.200 partecipanti, gli autori hanno esplorato gli effetti psicologici del comportamento digitale tipico, come lo “scrolling” continuo sui social, il passaggio rapido tra contenuti o il salto dei video. I risultati sono sorprendenti ma coerenti con quanto osservato nei dati: più ci esponiamo a questi comportamenti, più aumenta la sensazione soggettiva di noia, anche quando i contenuti a cui accediamo sono teoricamente coinvolgenti.

Il meccanismo che emerge è affine a quello delle dipendenze comportamentali: l’accesso continuo a stimoli piacevoli – come video virali, meme, clip musicali – finisce per alzare progressivamente la soglia di stimolazione richiesta dal cervello per sentirsi appagato. Di conseguenza, ciò che in passato avrebbe potuto attrarre o divertire, oggi appare "troppo lento", "già visto", o semplicemente insufficiente. Si sviluppa così una sorta di insoddisfazione cronica, una forma moderna di noia che non nasce dall’assenza di stimoli, ma dal non sentirsi più gratificati da stimoli che una volta erano considerati piacevoli.

Gli autori sintetizzano la questione con una frase chiave:

«La noia emerge dalla distanza tra il livello di coinvolgimento attentivo attuale e quello soggettivamente desiderato».

In altre parole, è come se la nostra mente fosse costantemente “in affanno”, a caccia di stimoli più forti per colmare un vuoto che la tecnologia, in realtà, contribuisce a creare. Questo rende la noia indotta dai social qualcosa di diverso dalla noia “tradizionale”: non è inattività, ma una fame insoddisfatta di novità, una forma di “astinenza” da iperstimolazione.

Il rischio, secondo gli esperti, è che questo circolo vizioso – esposizione continua, assuefazione, noia, ricerca compulsiva di nuovi stimoli – possa sfociare in dipendenze vere e proprie, con effetti negativi sull’attenzione, sull’umore e sulla capacità di tollerare il silenzio e l’attesa. Un fenomeno che, pur essendo spesso sottovalutato, interroga profondamente il nostro rapporto con la tecnologia e il modo in cui plasmiamo (e subiamo) i nostri stati mentali.

Fonte: Orizzontescuola.it - Art. del 21 luglio 2025

di Anselmo Penna

 

 

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